Sirene di Taranto

Monumenti

Descrizione

Le statue delle sirene sul lungomare di Taranto sono state realizzate dallo scultore Francesco Trani in cemento marino per renderle più resistenti all’azione corrosiva dell’acqua e alla salsedine.

LA LEGGENDA

La leggenda narra che quando Taranto era la capitale della Magna Grecia, ed essendo bagnata da due mari, divenne meta preferita delle sirene che decisero di risiederci in modo stabile costruendoci il loro castello incantato.

In quell’epoca viveva a Taranto una coppia di sposi, lei bellissima, lui un imponente pescatore. A causa del suo mestiere il giovane era costretto a star fuori dalla propria città anche per molti giorni consecutivi.

La bellezza di lei fu notata da un ricco signore il quale cominciò a provare interesse per la sposa solitaria e approfittando della mancanza del marito incominciò a corteggiarla. Con il passare del tempo riuscì un giorno a sedurla. 

La sposa preda del rimorso, confessò tutto al marito, il quale la condusse con una barca in alto mare e la spinse in acqua facendola annegare. Le sirene arrivarono in suo soccorso appena in tempo, ed essendo ammaliate dalla sua bellezza la proclamarono loro regina, dandole il nome di Schiuma (Skuma), perchè condotta dalle onde.

Nel frattempo il pescatore si pentì del suo gesto e pensandola morta, tornò più volte nel punto in cui la giovane moglie era affogata, piangendo ore e ore.

Le sirene incuriosite dal suo comportamento decisero di impadronirsi della sua barca facendolo cadere in acqua. Lo condussero al castello incantato per far decidere alla regina cosa farne. Skuma lo riconobbe è pregò le sue amiche sirene di non fargli del male. Così lo ricondussero svenuto sulla riva lasciandolo li fino al mattino. Quando il pescatore si risvegliò capì che la sua sposa non era morta è capì che nulla era più importante che ricongiungersi alla sua sposa. Così si rivolse a una giovane fata, che gli svelò il modo per liberare la sua dolce sposa cogliendo l’unico fiore di corallo bianco dal giardino delle sirene.

Il giorno successivo il pescatore si procurò un altra barca e arrivato in alto mare, iniziò ad urlare il nome della moglie. Skuma a questo punto fuggì dal castello è riuscì ad riabbracciare il giovane pescatore. Prima di lasciarla ritornare dalle sirene, il pescatore riferì a Skuma il modo per poterla liberare e cioè quello di prendere l’unico fiore di corallo bianco dal giardino delle sirene. Così Skuma elaborò un piano da effettuare il mattino seguente.


Il pescatore usò tutti i risparmi per comprare bellissimi gioielli, li mise in barca e si addentrò nel golfo di Taranto. Le sirene lasciarono incustodito il castello perché ingolosite da gemme e pietre preziose. Così Skuma riuscì a rubare il fiore di corallo ed a consegnarlo alla fata che la attendeva sulla riva, la quale fece alzare una grossa onda che spazzò via tutte le sirene.

Da qui la storia prende un bivio. C'è chi racconta che i due sposi vissero finalmente uniti, scoprendo il vero amore, e chi racconta di un epilogo più triste.

In questa versione, il pescatore non fece in tempo ad allontanarsi e fu travolto dalla stessa onda. Skuma, rimasta sola decise, di prendere i voti e divenire monaca.

La tradizione popolare vuole che, da quel giorno, nelle notti di plenilunio, Skuma, vestita da monaca, si aggiri per il Golfo di Taranto sperando nel ritorno dell’amato. Da questa leggenda, deriverebbe il nome di una delle Torri abbattute del Castello Aragonese, quella detta, “Torre della Monacella”.


FONTE: vitoditaranto.wordpress.com

Inserito da: Tourist Office
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74123 Taranto