Santuario Madonna dell’uva secca
Descrizione
Il Santuario della Madonna dell’Uva Secca sorge in mezzo alla campagna, nell’omonima frazione di Povegliano Veronese.
Il nome “dell'Uva Secca”, un tempo “Via Secca”, deriva dalla leggenda che la Madonna avesse fatto seccare l'uva perché, apparsa affamata sotto l'aspetto d'una vecchietta vicino alla Chiesa, gliene fu rifiutato un grappolo. La Chiesa e il titolo dell'Uva Secca sono antichissimi: la certezza deriva dalle tombe anche romane ritrovate sul posto.
Fu trovata pure una guarnizione di cintura del VII secolo, a conferma che in loco era già presente un luogo di culto. Saltiamo al 13/07/1178: una verifica dei confini di Verona da parte del Podestà Grumerio dice che lungo la viam Furam, o Callem Furam (Cal-Fura), c’era la “usque ad viam sanctae Marie ad vithesiceum ubi secum fura adiungit” cioè la Via di S. Maria della Vite Secca, poi Uva Secca. Per Via Secca si intendeva un luogo fuori dalle paludi poveglianesi per ragioni morfologiche: la frazione è più alta di circa un metro, emergendo dalla zona stagnante. Non ci sono documenti sul Santuario fino al ‘500. L’unico è un affresco nella chiesa recante la data 1327. Di quell’epoca il bellissimo affresco della Dormizione che sovrasta oggi l’altare. La chiesa ha avuto uno sviluppo sia in altezza che in lunghezza. L’11/10/1526 il vicario del Vescovo Giberti venne in visita “alla chiesa campestre di S. Maria della Via Secca”: la chiesa fungeva anche da ospedale e il parroco Don G. Macario costruì una abitazione sul posto. Un documento vescovile del 20/09/1530 indica che fu sistemato il tetto.
L’annotazione del 17/08/1533 del Vescovo Giberti in visita recita: “come ordinato è stato riparato il tetto, e restaurato il campanile e poiché molta devozione da molto valore, necessita ristrutturare la pala e provvedere di ornamento per i due altari”.
Una ristrutturazione generale fu ultimata nel 1611 dal parroco F. Priori. Nel 1663 è finito l’altare di destra, con una tela dell’Annunciazione donata dalla fam. Pellegrini. L’altare di sinistra è invece dedicato a S. Antonio, probabilmente un voto popolare per guarire la peste del 1630. Interessante l’argomento altari poiché quello centrale fu rifatto.
Il primo, del mastro Bozigni su progetto dell’arch. veronese Cristofoli, nel 1743 era già installato. Poi il cambio: nel 1763 la Confraternita insediata incaricò il tagliapietra Puttini per un nuovo altare. Nel 1769, anno della probabile collocazione, fu pagato 2718 lire venete.
L’Abate F. Savoldo, a Povegliano dal 1689 al 1719, abbellì il Santuario: la motivazione può risiedere nell’alto numero di messe (circa 775) che vi erano celebrate.
Inizia quindi l’era napoleonica. L’editto di S. Cloud impone la chiusura delle Confraternite e delle chiese minori: il 15/06/1806 il vicario vescovile comunicò all’allora parroco la chiusura del Santuario. Sempre nel 1806 il parroco Don L. Vivaldi mandò alla Diocesi la supplica per riaprire la chiesa. Il 09/12/1807 fu confermata la riapertura al culto della chiesetta.
Le mappe del catasto napoleonico ci dà l’immagine al 1815: i fabbricati sono ancora disposti come anticamente, la chiesa lungo l’asse est-ovest ed i fabbricati annessi posti perpendicolarmente ad essa. Nel Catasto Austriaco, datato 1844, i fabbricati hanno la conformazione attuale. Il pavimento visibile oggi è del 1904. La chiesa da li andò verso l’abbandono e il degrado, per varie concause. A metà degli anni ’80 venne completamente restaurata e restituita al culto, nello splendore odierno.