Teatro San Carlo

Dimore storiche

Descrizione

Il progetto del Teatro di San Carlo, è affidato all'architetto Giovanni Antonio Medrano, Colonnello del Reale Esercito, e ad Angelo Carasale. Il disegno di Medrano prevedeva una sala lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri, con 184 palchi, compresi quelli di proscenio, disposti in sei ordini, più un palco reale capace di ospitare dieci persone, per un totale di 1379 posti. Otto mesi dopo l'inizio dei lavori, il 4 novembre del 1737, il teatro è già ultimato. L’interno della struttura è, oggi, ricostruibile sulla base di un dipinto di Michele Foschini e di alcuni rilievi eseguiti da architetti europei in visita alla sala. Le numerose testimonianze tramandate da viaggiatori e visitatori sono concordi nel celebrare la vastità della sala e dei palchi, pur se a discapito dell'acustica e della sontuosità delle decorazioni. Durante il Settecento, l'edificio vede diversi ammodernamenti sollecitati dalle mutate esigenze del gusto o dalla necessità di migliorarne l'acustica. Ristrutturazioni permanenti sono eseguite da Ferdinando Fuga, prima nel 1767-68 e nel 1777-78 poi. Con i primi lavori l'architetto toscano rinnova la decorazione dell'auditorio e inserisce nei palchi grandi specchi provvisti di torciere con candele che, sfruttando l'effetto di riflessione, moltiplicano l'illuminazione della sala. Il successivo intervento riguarda quasi esclusivamente il boccascena. Nel 1797 la sala viene sottoposta ad un nuovo restauro decorativo sotto la direzione dello scenografo del teatro Domenico Chelli. La breve parentesi della Repubblica Partenopea del 1799 non porta particolari modifiche alla struttura, ad eccezione di alcuni danni provocati dall'uso improprio della sala, ribattezzata Teatro Nazionale e «profanata» da spettacoli equestri. Domenico Barbaja affida ad Antonio Niccolini una nuova ristrutturazione del Massimo. Il caposcuola del Neoclassicismo a Napoli interviene a più riprese sull'edificio. La prima fase della metamorfosi riguarda la facciata, con la conseguente aggiunta del ridotto e degli ambienti di ricreazione e ristoro. Il portico carrozzabile sostenuto da pilastri si ispira al modello offerto dalla Scala di Giuseppe Piermarini, modificato tuttavia dall'inserimento della loggia ionica corrispondente agli ambienti del ridotto. Con Niccolini il Teatro acquisisce le connotazioni del tempio diventando monumento-simbolo della città. La facciata, infatti, ingloba elementi della grammatica classicista e una decorazione ellenizzante allusiva alla poesia drammatica e alla musica. Altrettanto interessante è il ridotto: una grande sala tetrastila, con una decorazione vegetale in oro, fiancheggiata da ambienti minori destinati alle sale da gioco. Un anno dopo la conclusione dei lavori dell'avancorpo, l'architetto toscano adegua la sala alla nuova decorazione del vestibolo e delle scale. Tra le innovazioni eseguite, si ricordano le coppie di semicolonne addossate ai pilastri già realizzati da Fuga nel proscenio, il lampadario sospeso nella zona più oscura della sala e il rifacimento del velario sostenuto da aste con cariatidi. La ricostruzione, compiuta nell’arco di nove mesi, sempre da Antonio Niccolini, che ripropone a grandi linee la sala del 1812. L’architetto toscano ne conserva, infatti, l'impianto a ferro di cavallo e la configurazione del boccascena, sebbene allargato e ornato nella superficie interna dal bassorilievo raffigurante il Tempo e le Ore, ancor oggi esistente.

Inserito da: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
Via San Carlo 98/F
80132 Napoli