Biblioteca Universitaria di Napoli
Monumenti
Descrizione
L'istituzione di una biblioteca fornita di una "quantità bastante di libri di tutte le scienze", e dotata di apposita regolamentazione, risale - prima in Italia - alla riforma degli studi universitari varata da Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, viceré di Napoli dal 1610 al 1616, sul modello di Salamanca.
Per la nuova sede dell'Ateneo viene incaricato l'architetto Giulio Cesare Fontana che avvia la ristrutturazione della vecchia cavallerizza fuori la porta di S. Maria di Costantinopoli: il Palazzo degli Studi, a lavori non ancora ultimati, viene inaugurato il 14 giugno 1615. Carlo di Borbone, una volta asceso al trono di Napoli, ordina la ripresa dei lavori del Palazzo degli Studi; le misure adottate negli anni seguenti mirano a restituire al complesso universitario decoro e funzionalità fino al suo definitivo trasferimento, nel 1777, all'interno del soppresso Collegio Massimo dei Gesuiti al Salvatore. La soppressione degli ordini religiosi, decretata dal governo di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, con la relativa requisizione di tutti i beni culturali, pone le premesse per l'attivazione di un centro librario fruibile da un'utenza di livello universitario. Nel quadro della ripartizione dei fondi monastici, Giuseppe Capecelatro, ministro degli Interni, sottoscrive il 27 settembre 1808 la disposizione secondo la quale la Regia Università degli Studi può beneficiare dei libri già appartenuti ai monasteri soppressi e destinati al Collegio Reale istituito al Salvatore.
Tra il 1808 e il 1810 il Prefetto della Biblioteca, il fisico e naturalista Giuseppe Antonio Ruffa, incamera i libri provenienti dai monasteri di S. Lorenzo, di S. Maria degli Angeli, di S. Pietro Martire, della Sanità, dei SS. Apostoli, di S. Brigida, di S. Domenico Maggiore.
Purtroppo l'erogazione dei finanziamenti e dei materiali, accatastati senz'ordine e senza alcuna inventariazione, e quindi di fatto inconsultabili, viene interrotta a favore del nuovo progetto murattiano che prevede, nell'antico monastero di Monte Oliveto, la fondazione di una Biblioteca Municipale, intitolata al sovrano francese, per la quale si acquistano, nel 1812, le raccolte del marchese Francesco Taccone e di Francesco Orlando, insigni bibliofili.
La restaurazione dei Borbone, nel 1815, segna il definitivo tramonto della Biblioteca Gioacchina e, al contrario, il rilancio di quella dei Regi Studi a cui viene destinato il grande salone al primo piano del Collegio al Salvatore e, inizialmente, tutto il patrimonio librario accumulato nella Gioacchina.
Nel 1819, però, un editto reale obbliga la Biblioteca degli Studi a consegnare alla Reale tutti i libri di maggior pregio bibliografico. L'Ateneo, nel 1822, procede alla nomina del suo nuovo responsabile designando il matematico Vincenzo Flauti a cui spetta il compito di impiantare una struttura "moderna" ed efficiente: si ordinano i materiali nelle scaffalature trasportate da Monte Oliveto, si avvia la stampa del catalogo per autori, si formula una idonea regolamentazione esemplata su quella della Reale. Nel gennaio del 1827 la Biblioteca viene aperta al pubblico.
Il rettore Michele Tenore, botanico di fama internazionale, in occasione dei lavori del VII Congresso degli Scienziati, nel 1845, dota la Biblioteca di un fondo speciale per l'associazione a giornali e periodici scientifici italiani e stranieri, aggiornando, così, il suo patrimonio bibliografico.
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