Complesso monumentale di San Vincenzo al Volturno
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Descrizione
Il monastero di San Vincenzo al Volturno fu costruito lungo le rive del fiume Volturno nella fertile Piana di Rocchetta.
Il territorio era naturalmente difeso dalle catene montuose delle Mainarde, della Meta e del Matese. Secondo documenti di epoca medievale in quest’area esisteva già in epoca tardoromana una chiesa dedicata a San Vincenzo di Saragozza, fatta edificare dall’imperatore Costantino.
In questo stesso luogo nel corso dell’VIII secolo tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, decisero di costruire un nuovo monastero per dedicarsi a una vita di meditazione e preghiera.
È grazie al Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto intorno al 1130, che possiamo ricostruire le principali vicende storiche e le alterne fortune del monastero: nel 787 San Vincenzo divenne una delle più importanti abbazie europee grazie ai privilegi concessi da Carlo Magno; nel secolo successivo raggiunse dimensioni di una vera e propria città monastica sotto la guida degli abati Giosué, Talarico ed Epifanio: in quell’epoca il monastero possedeva 10 chiese, terre in gran parte dell'Italia centro-meridionale e vi viveva una comunità di 350 monaci.
Nell'848 un terremoto danneggiò gravemente diversi edifici.
Nell'860 l'emiro di Bari, Sawdan, pretese un tributo di 3000 monete d'oro, pena il saccheggio e la distruzione del monastero, che fu pertanto costretto a piegarsi.
Nell’881 l’attacco di un nuovo gruppo di Arabi, al servizio del duca-vescovo di Napoli Atanasio II, provocò gravi danneggiamenti agli edifici.
Oltrepassato il ponte della Zingara si raggiunge per primo il complesso di San Vincenzo Minore, costituito da un blocco di edifici aperti verso il fiume.
Al di sotto del presbiterio di una chiesa si trova la famosa cripta di Epifanio, costruita dall’omonimo abate di San Vincenzo tra l’824 e l’842.
Al suo interno si conserva un ciclo di affreschi che comprende episodi della vita di Gesù e Maria, i martirii di Santo Stefano e San Lorenzo, figure femminili e arcangeli. Il complesso includeva anche corti/giardino, cucine, un refettorio e un lavatoio.
Lasciando l’area prossima al Volturno si sale al colle della Torre e all’atrio della chiesa di San Vincenzo Maggiore, consacrata nell’808. All’interno dell’atrio, lungo il lato addossato all’entrata dell’edificio di culto, si notano diverse tombe, alcune delle quali affrescate.
Da qui si entra nella chiesa a pianta rettangolare, a tre navate, lunga 64 metri e larga 28. La particolarità dell’impianto è costituita dalla cripta anulare (c.d. Cripta di Giosuè) collocata al di sotto dell’altare maggiore, che ricorda da vicino quella dell’originale impianto della Basilica di San Pietro a Roma.
Le reliquie di San Vincenzo si conservavano in questo ambiente abbellito da affreschi raffiguranti personaggi a mezzo busto, fra i quali forse lo stesso abate Giosuè e il suo successore Talarico.
Lungo il lato nord, vicino all’ingresso originale, si conservano i resti della cappella di Santa Restituta.
La sua costruzione si colloca in un momento di declino del resto del complesso, nel corso dell’XI secolo, forse come memoria della gloria del monastero stesso.
A partire da questo periodo la storia di San Vincenzo al Volturno ricomincerà con la costruzione di un nuovo complesso sulla riva destra del fiume.
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Il territorio era naturalmente difeso dalle catene montuose delle Mainarde, della Meta e del Matese. Secondo documenti di epoca medievale in quest’area esisteva già in epoca tardoromana una chiesa dedicata a San Vincenzo di Saragozza, fatta edificare dall’imperatore Costantino.
In questo stesso luogo nel corso dell’VIII secolo tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, decisero di costruire un nuovo monastero per dedicarsi a una vita di meditazione e preghiera.
È grazie al Chronicon Vulturnense, un codice miniato redatto intorno al 1130, che possiamo ricostruire le principali vicende storiche e le alterne fortune del monastero: nel 787 San Vincenzo divenne una delle più importanti abbazie europee grazie ai privilegi concessi da Carlo Magno; nel secolo successivo raggiunse dimensioni di una vera e propria città monastica sotto la guida degli abati Giosué, Talarico ed Epifanio: in quell’epoca il monastero possedeva 10 chiese, terre in gran parte dell'Italia centro-meridionale e vi viveva una comunità di 350 monaci.
Nell'848 un terremoto danneggiò gravemente diversi edifici.
Nell'860 l'emiro di Bari, Sawdan, pretese un tributo di 3000 monete d'oro, pena il saccheggio e la distruzione del monastero, che fu pertanto costretto a piegarsi.
Nell’881 l’attacco di un nuovo gruppo di Arabi, al servizio del duca-vescovo di Napoli Atanasio II, provocò gravi danneggiamenti agli edifici.
Oltrepassato il ponte della Zingara si raggiunge per primo il complesso di San Vincenzo Minore, costituito da un blocco di edifici aperti verso il fiume.
Al di sotto del presbiterio di una chiesa si trova la famosa cripta di Epifanio, costruita dall’omonimo abate di San Vincenzo tra l’824 e l’842.
Al suo interno si conserva un ciclo di affreschi che comprende episodi della vita di Gesù e Maria, i martirii di Santo Stefano e San Lorenzo, figure femminili e arcangeli. Il complesso includeva anche corti/giardino, cucine, un refettorio e un lavatoio.
Lasciando l’area prossima al Volturno si sale al colle della Torre e all’atrio della chiesa di San Vincenzo Maggiore, consacrata nell’808. All’interno dell’atrio, lungo il lato addossato all’entrata dell’edificio di culto, si notano diverse tombe, alcune delle quali affrescate.
Da qui si entra nella chiesa a pianta rettangolare, a tre navate, lunga 64 metri e larga 28. La particolarità dell’impianto è costituita dalla cripta anulare (c.d. Cripta di Giosuè) collocata al di sotto dell’altare maggiore, che ricorda da vicino quella dell’originale impianto della Basilica di San Pietro a Roma.
Le reliquie di San Vincenzo si conservavano in questo ambiente abbellito da affreschi raffiguranti personaggi a mezzo busto, fra i quali forse lo stesso abate Giosuè e il suo successore Talarico.
Lungo il lato nord, vicino all’ingresso originale, si conservano i resti della cappella di Santa Restituta.
La sua costruzione si colloca in un momento di declino del resto del complesso, nel corso dell’XI secolo, forse come memoria della gloria del monastero stesso.
A partire da questo periodo la storia di San Vincenzo al Volturno ricomincerà con la costruzione di un nuovo complesso sulla riva destra del fiume.
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