Porta di accesso alla valle, il Parco Re Alberto I del Belgio, in località Caravaggio: 5476 metri quadrati di superficie verde con aree attrezzate per il picnic, un parco giochi, e un punto informativo e di ristoro. Il parco è stato dedicato al sovrano Aberto re dei Belgi che soggiorno più volte a Calalzo, nell’ex albergo Marmarole : “In questo albergo che porta il nome delle Marmarole a lui famigliare tra gl’alpini semplice alpino Re Alberto del Belgio con i figli Carlo e Leopoldo soggiornò nel 1922 e nel 1924”: recita l'iscrizione posta sulla facciata dell'ex albergo Marmarole, aperto nel 1903 dalla famiglia Fanton. I fratelli Fanton: Paolo, Augusto, Teresa, Luigia e Arturo esperte guide alpine accompagnavano il Re nelle sue escursioni.
L'edificio si caratterizza per la presenza di ornamenti lignei in gusto déco che decorano la facciata.
E' dedicata al monarca belga anche la fontana, di lato all'albergo, con l’iscrizione “L’acqua pura dell’Alpe canti eterna la gloria di Alberto dei Belgi re soldato scalatore delle cime cadorine caduto sulla montagna” a celebrare la sua vita e la sua fine a causa proprio di una caduta durante una scalata nel 1934.
Accanto alla fontana venne ricollocato il Crocifisso già esistente quando era in uso il vecchio bacile al quale lo stesso Re soleva dissetarsi rientrando dalle sue escursioni.
Negli anni 20 del Novecento l’albergo Marmarole ospitò anche membri della casa reale italiana dei Savoia, soprattutto in occasione di gare di sci e adunate militari sportive fasciste: ricordiamo Filiberto di Savoia-Genova, presente nel 1924 all’annuale competizione sciistica organizzata da Arturo Fanton, nelle vesti di premiatore degli atleti, e Adalberto di Savoia-Genova nel 1928, per la II adunata militare dei fascisti sciatori per la Coppa dei Fasci.
A poca distanza dall'albero, in direzione Pieve di Cadore, si trova la chiesa di San Francesco d’Orsina costruita nel 1512 per volere di Matteo Palatini, inizialmente dedicata al Corpus Domini.
Abbandonata e destinata dapprima a polveriera nell’Ottocento, e a deposito di benzina durante la Grande Guerra, nel 1919 venne acquistata dal capitano alpino bolognese Luigi Serracchioli, che la donò all’Associazione Nazionale Alpini per farne il sacrario del corpo. Qui vennero deposti anche i corpi dei volontari cadorini caduti nelle battaglie locali delle guerre d’indipendenza del 1848 e del 1866
Nella chiesetta, di architettura gotica, si conserva la campana che qui risuona, dono della città di Bologna – città natale del capitano Serracchioli –, installata dopo essere stata benedetta la notte di Natale del 1934 nella chiesa di sant’Isaia.
La chiesa venne riaperta al culto nel 1935.