Castello del Catajo
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Lun Chiuso Mar 15.00 - 19.00 Mer Chiuso Gio Chiuso Ven 15.00 - 19.00 Sab Chiuso Dom 15.00 - 19.00
Descrizione
Il castello del Catajo è un monumentale edificio di 350 stanze, fu costruito a partire dal XVI secolo da Pio Enea I Obizzi presso Battaglia Terme (Padova). Ampliato dalla stessa famiglia nel '600 e '700 venne in seguito trasformato in reggia ducale dalla famiglia Asburgo-Este in esilio da Modena e infine eletto residenza di villeggiatura imperiale degli Asburgo imperatori d'Austria. Il castello è ancora oggi di proprietà privata e aperto al pubblico con funzione museale. La famiglia Obizzi, di origine borgognona giunse in Italia con il capostipite Obicio I, capitano di ventura al seguito dell'imperatore Arrigo II, nel 1007. Stabilitasi inizialmente a Lucca, si spostò in seguito nel territorio della Repubblica di Venezia. Pio Enea I Obizzi (dal quale prese il nome l'obice) decise di costruire un palazzo adeguato alla gloria della famiglia presso l'attuale Battaglia Terme. L'edificio venne costruito in soli tre anni tra il 1570 e il 1573 (la parte alta si deve invece ad un'aggiunta del XIX secolo). L'origine del nome è andata perduta: si ritiene che faccia riferimento a una "Ca' Tajo", cioè "tenuta del taglio", con possibile riferimento allo scavo del Canale di Battaglia che tagliò a metà molti appezzamenti agricoli. La famiglia Obizzi si estinse nel 1803 con il marchese Tommaso, e il castello passò agli arciduchi di Modena; sotto Francesco IV fu costruita l'ala visibile più in alto, detta "Castel Nuovo". In seguito Francesco V e la moglie Adelgonda di Baviera trasferirono al castello l'intera corte estense in esilio da Modena. Morti senza figli, il Catajo passò all'arciduca ereditario d'Austria Francesco Ferdinando. Dopo la prima guerra mondiale il Catajo fu assegnato al governo italiano come riparazione dei danni di guerra ed esso poi lo vendette alla famiglia Dalla Francesca nel 1929. Nel 2016 viene confermato che il castello è stato venduto all'asta e acquistato dall' Euroimmobiliare di Sergio Cervellin.